Elena Fabrizi
La Sora Lella, al secolo Elena Fabrizi, è nata a Roma nel 1915.
Ultima di sei figli, il primo dei quali è Aldo, il famosissimo attore di teatro, la Sora Lella è oggi un vero e proprio simbolo per la città di Roma.
Nel 1943, la Sora Lella inizia la sua attività di ristoratrice, aprendo una trattoria nel rinomato quartiere romano di Campo dei Fiori. Alcuni anni dopo, dopo aver gestito diversi altri locali, riapre con il marito e con il figlio un ristorante sull’Isola Tiberina che ancora oggi porta il suo soprannome: Sora Lella.
La trattoria diventa subito famosissima, sia tra i romani che i turisti. Raggiunta la tranquillità economica, la nostra Sora decide di lasciare tutto in mano a figli e nipoti, per dedicarsi alla sua vera passione di sempre: il cinema.
Dopo il “la” iniziale datole dal fratello Aldo, Elena Fabrizi si guadagna una discreta fama nell’ambiente di Cinecittà, recitando persino al fianco di personaggi del calibro di Totò e Alberto Sordi.
Tuttavia, il grande successo e la popolarità arrivano soltanto grazie a Carlo Verdone, che la vuole nel cast di Bianco, Rosso e Verdone e Acqua e sapone. La Sora Lella ha vinto anche due prestigiosi premi: il “Davide di Donatello” e il “Nastro D’argento”.
Non è stato facile, ma siamo sopravvissuti alla scomparsa di Sora Lella. Anche perché lei sarebbe sopravvissuta alla nostra senza troppi problemi. Nonna ideale di Carlo Verdone e sorella reale di Aldo Fabrizi, la mitica Elena (questo il suo vero nome) ha lasciato un vuoto incolmabile nell’immaginario cinematografico italiano.
Per anni, la Sora Lella è stata l’incarnazione in celluloide della nonna del Belpaese: saggia ma rompicoglioni, tenera ma buzzicona, conciliante ma inopportuna.
Capolavori indimenticabili come Bianco, Rosso e Verdone non avrebbero avuto senso senza la sua presenza. Avviata alla carriera cinematografica dal fratello Aldo, la Sora Lella ha canonizzato il ruolo di “attrice buzzicona non protagonista” nel cinema trash degli anni settanta. Mentre le telecamere indugiavano sui corpi sinuosi e lascivi delle Edwige Fenech o Gloria Guida di turno, la nonna trash irrompeva nella sceneggiatura con il suo personalissimo stile alla bucatini e amatriciana.
La Sora Lella ha inventato un nuovo modo di fare trash, molto più romanesco, caciarone e buonista degli stereotipi usati precedentemente al suo arrivo sulle scene. Per questo non è possibile pensare a un personaggio come Mario Brega orfano della Sora Lella.
Era come se i due vetero-coatti si attraessero l’un altro esotericamente, fino a dare vita a splendidi rituali durante i loro incontri fatti di celluloide. Come dimenticare, a proposito, l’improbabile quanto comicamente irrefrenabile scena dell’iniezione praticata dal camionista Brega sul deretano della nonna trash nel bel mezzo di una pubblica via?
Ancora oggi una vasta fetta della popolazione italiana ripete, a mo’ di sapido ritornello, il tormentone della mano chirurgica di Brega, che “po’ esse fero e po’ esse piuma. Oggi, è stata na’ piuma…”. Sono cose che lasciano il segno. Onore e lode quindi, e nonostante tutto, anche alla compianta Sora Lella, che pare essersi arricchita anche al di fuori della carriera cinematografica.
Non si contano infatti i libri di ricette e i ristoranti che portano il suo nome o quello dei suoi figli.
La sua figura è così complessa e frastagliata che permette di tracciare parallelismi inconsueti, quasi vibratili, con l’altra grande matrona della cucina trash: Suor Germana. Quante volte vi sarà capitato, passeggiando per la strada, di incrociare una simpatica e arzilla vecchietta rassomigliante alla Sora Lella?
Il fenomeno si ripeterà sempre più spesso. La Sora Lella non muore, ma vive in ogni vecchietta che reclama il vostro posto sull’autobus… Quando quello di fianco è vuoto.
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