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Esiste una porta magica?

Scopriamo insieme il mistero della Porta Alchemica

Nel cuore della Città Eterna, esiste un luogo dove realtà e leggenda si fondono tra loro armoniosamente, componendo un tutt’uno capace di affascinare i sempre più numerosi turisti e visitatori che vi accorrono.

Questa “Magica Porta” è situata in prossimità di Piazza Vittorio ed assume una relativamente vasta gamma di denominazioni. Indifferentemente dal fatto che venga soprannominata Porta Alchemica, Porta Ermetica o Porta dei Cieli, essa costituisce l’unica superstite delle cinque porte che nelle epoche trascorse contornavano Villa Palombara.

Scendendo maggiormente nel particolare, si è in presenza di un edificio costruito totalmente in pietra ed edificato nella frazione conclusiva del Seicento per volere di Massimiliano Palombara, Marchese di Pietraforte.

Quest’ultimo faceva dell’alchimia e delle discipline di matrice esoterica non solo una delle proprie più lampanti passioni, ma anche qualcosa da condividere con un altro personaggio di spicco dell’epoca: la Regina Cristina di Svevia. Essendo anch’essa una fanatica di tali branche del sapere, quest’ultima era in possesso di un laboratorio, personalmente curato da un altro alchimista, Pietro Antonio Bandiera.

È proprio qui che Massimiliano Palombara imparò tutto ciò che vi era da sapere di un’arte tanto antica quanto misteriosa.

Tra racconti leggendari

In base a quanto afferma la leggenda tradizionalmente tramandata, il tutto iniziò a seguito del miserrimo vagare di un viandante in cerca di ospitalità. Trovando riparo e ristoro proprio a Villa Palombara, pare che sotto le vesti del pellegrino in realtà si celasse la figura di Francesco Giuseppe Borri, personaggio illustre nell’ambito alchemico di allora.

Nella spasmodica ricerca di un vegetale in grado di sintetizzare il più prezioso dei metalli, l’oro, il viandante scomparve magicamente attraverso la Porta Alchemica. La parte restante di tale racconto leggendario sostiene, in aggiunta, che Borri abbia lasciato dei manoscritti all’interno del quale erano stati redatti diversi segreti e rompicapi, tra cui quello riguardante la pietra filosofale.

Insieme alle preziose pagine vi era qualcosa di egualmente prodigioso, ossia dei frammenti d’oro il cui scopo era quello di provare, in maniera tangibile, la trasformazione andata a buon fine. Ciò che era contenuto negli scritti venne fatto segnare dal Marchese sulla superficie di ben cinque porte.

L’auspicio era quello che, in un futuro più o meno prossimo, il tutto sarebbe stato finalmente decifrato.

Sulla facciata della Porta Alchemica sono raffigurati due poligoni di conformazione triangolare tra loro sovrapposti. Insieme a questi, sono inoltre evidenziate delle diciture nell’idioma latino e il sigillo di Davide, circondato da un cerchio dove vi sono ulteriori frasi in latino.

La punta posta inferiormente ad un esagramma è abitata da un oculus, segno che rappresenta il sole e l’oro.

I simboli alchemici che sormontano gli stipiti della porta si attengono, nonostante qualche sostanziale differenza, alla sequenza dei pianeti associati ai relativo metalli. La porta, insieme al significato che racchiude, deve essere interpretata come la raffigurazione di un flusso che, partendo da un cristianesimo essoterico, condusse verso un nuovo disegno spirituale, nel Seicento sempre più diffuso.

Alla fine dell’Ottocento, Villa Palombara venne smantellata, lasciando spazio ad un ampio progetto di rivalorizzazione del quartiere circostante. Ad essere sopravvissuta è esclusivamente la Porta Alchemica.

Essa, tuttavia, è stata spostata dalla propria collocazione originale. Le raffigurazioni rappresentate e che attualmente sembrano sorvegliare Porta Alchemica vennero ritrovare non molto lontano dal Quirinale, colle che ospitava la sede di un luogo di culto destinato alla venerazione di Iside e Serapide.

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